LO STRESS IN POLIZIA

08.11.2021

a cura della dott.ssa federica tittarelli

Le forze di Polizia sono molto spesso dimenticate fra le professioni a rischio burnout, stress e sviluppo di disturbo da stress post traumatico (DPTS), specialmente in questo periodo di emergenza. Quali potrebbero essere le cause di ciò? Una percezione errata e una cultura diffusa che escludono tale professione dalla categoria a rischio elevato di stress.

La realtà dei fatti invece racconta di un altro fenomeno decisamente opposto: le forze di Polizia, in particolare Polizia Locale, Polizia di Stato, e le altre forze di controllo, in quanto agenti con funzione di pubblica sicurezza, sono esposti, come categoria, ad un rischio di livello medio-alto, alto, di sviluppare problemi psicologici e compromissione della salute psicofisica.

Fra i compiti e le attività dobbiamo menzionare, oltre la frequente relazione interpersonale con i cittadini, anche la presenza di pericoli per la propria incolumità, il contatto con situazioni particolarmente critiche, con persone violente o vittime di violenza.

Nei casi di estrema emergenza e gravità, quali incidenti stradali, incendi o disastri, TSO (trattamenti sanitari obbligatori), in caso di morte o ferimento di colleghi, gli operatori sono sempre in prima linea. La sofferenza e il burnout che ne possono derivare, non solo sono molto diffusi, ma sfociano spesso nel suicidio (grazie anche all'uso delle pistole di ordinanza).

La valutazione psicologica del rischio stress lavoro-correlato rimane inefficace o non viene mai realizzata lasciando gli operatori privi di tutela e sostegno psicologico.

Il lavoro svolto all' esterno viene percepito come più stressante poiché esposto a pericoli, rispetto a quello interno, nelle centrali, più simile ad un mero lavoro burocratico.

Niente di più sbagliato! sia nei compiti svolti esternamente che in centrale le situazioni critiche sono molteplici e gli operatori di polizia possono facilmente riconoscersi nei seguenti fattori di rischio organizzativo:

- Gestione dell'emergenza e dell'imprevisto con esposizione continua emotivamente rilevante senza essere supportati da adeguati percorsi formativi di problem solving;

- Rischio di contagio da malattie infettive, soprattutto nella situazione attuale, senza usufruire di incontri formativi di aggiornamento sui rischi biologici e le misure di prevenzione e protezione, nè uso, o scarso uso di adeguati presidi medici (guanti, mascherine per tutto il personale);

- Richiesta di svolgere più compiti simultaneamente per carenza di personale, imprevedibilità degli orari di lavoro con improvvise variazioni e conseguenti ripercussioni sulla vita sociale e familiare;

- Dover far spesso ricorso al lavoro straordinario, per necessità organizzative ed eventuali emergenze;

- infine la situazione più comune: essere in contatto continuo con l'utenza e potenziale rischio di colluttazioni, aggressioni verbali e/o fisiche, minacce, offese, anche in attività meno pericolose come gestione del traffico e della sosta.

L'aiuto psicologico dovrebbe essere di più facile accesso, come l'istituzione di sportelli d'ascolto mirati, gratuiti e ad accesso libero, gestiti da psicologi professionisti; Si dovrebbe godere di agevolazioni e collaborazioni, non solo a carattere privato e personale accordati fra psicologo e operatore di polizia; seppur è vero che molti sono gli psicologi che nella loro libera professione promuovono personalmente costi agevolati e diversi servizi rivolti proprio alle forze dell'ordine, questo purtroppo non basta.

Dovrebbe essere incentivato un lavoro di rete e di prevenzione, come la messa in atto di alcune misure correttive di carattere generale mirate alla prevenzione e/o riduzione del rischio da stress lavoro-correlato, nonché una sua valutazione corretta e obbligatoria.

Crea il tuo sito web gratis!